Alla scoperta delle meraviglie del territorio dell’antica Motta Camastra.

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di E. Bellomo, G. Consalvo e G. Smedile.

Dopo il periodo delle piogge e del freddo autunnale e invernale, l’Istituto per la Cultura Siciliana della sede locale di Motta Camastra è ripartito con una splendida escursione a carattere scientifico-naturalista alla scoperta delle meraviglie che riserva il territorio dell’antica Motta Camastra.

Nel primo pomeriggio di sabato scorso 4 marzo, un dinamico gruppo di appassionati ed esploratori, al seguito del prof. Ernesto Bellomo, geologo e naturalista messinese esperto di Natura e di Geo-Architettura della Valle dell’Alcantara, si sono recati presso contrada Larderia (nel comune di Motta Camastra), a poche decine di metri di distanza dalle ben note Grotte di Larderia o dell’Alcantara, ove gli appassionati/ricercatori hanno dato un’esauriente illustrazione su tutta una serie di emergenze geologiche (vulcaniche) e storico-architettoniche affioranti nell’area investigata.

Il dott. E. Bellomo si è soffermato innanzitutto sull’importanza scientifica della Grotta del Saraceno, una grotta di svuotamento lavico (di modeste dimensioni: 14 m circa di lunghezza, 4,5 m di larghezza e 3 m di altezza) formatasi a seguito di una colata lavica olocenica (circa 6.000 anni fa) e proveniente da una struttura effusiva diversa dal Monte Etna, ma localizzato lungo il corso del Fiume Alcantara, a seguito di fratture (di tipo trascorrente) che hanno permesso la risalita di magmi molto caldi e fluidi e di composizione basaltica, dalle profondità crostali. Nella grotta si osservano alcune tipiche strutture vulcaniche, quali rotoli di lava, striature di flusso, mammelloni ed incrostazioni, che permettono non solo di comprenderne la formazione, ma anche il senso di scorrimento della lava, quando era ancora calda e fluida.

L’escursione è proseguita sulle tracce di un antico Palmento del XVII-XIX secolo, sempre da loro individuato (detto sempre del Saraceno, dal volto umano con sembianze arabe, scolpito sulla chiave di volta del portale di accesso), i cui resti e funzionamento sono confermati dall’osservazione diretta di due contrappesi (di uno più antico), delle cannelle, piccoli canali per il travaso del mosto nei tini, posti inferiormente alle vasche per la pigiatura dell’uva. Ci si è soffermati in particolare sul funzionamento, sulla tecnica di costruzione e sulla natura ed origine dei materiali impiegati (Arenaria e Vulcaniti) e costituenti le diverse parti architettoniche.

La ricerca è quindi proseguita sull’osservazione diretta di una interessante e antica sènia o noria (XII-XVII secolo), scoperta recentemente dai tre ricercatori, una struttura per il sollevamento dell’acqua (di origine araba) e di forma circolare, poco frequente nel territorio analizzato. Essa consentiva l’approvvigionamento idrico in superficie, a partire da un acquifero posto anche a decine di metri di profondità, tramite un sistema di secchi e carrucole, messi in movimento dalla rotazione continua di un asino, legato ad essa. La struttura rotante, caratterizzata dai secchi, “pescava” direttamente nel livello della falda e presentava anche le pareti impermeabilizzate da calce idraulica e cocciopesto.

Il dott. G. Consalvo e l’appassionato di storia e tradizioni locali G. Smedile si sono infine soffermati sull’importante risorsa naturale che è l’Acqua, sia di origine sotterranea, che di scorrimento superficiale. E’ il fiume Alcantara, fondamentale nello sviluppo delle civiltà oltre a rappresentare una fonte naturale illimitata di energia per i mulini (sin dall’epoca normanna), costituiva una via importante di comunicazione, fonte primaria di scambio, una sorta di autostrada dell’antichità dove transitavano merci e animali durante le transumanze, soldati, pellegrini e mercanti che promuovevano scambi e conoscenze. Da qui già in epoca romana passava la via consolare Valeria che, in seguito ripristinata dai Normanni, diventerà la Regia Trazzera, che da Messina attraversava tutta la Sicilia, fino a Palermo.

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